Skip to main content

Trovare un posto (e un tetto) nella Roma del precariato: la graphic novel di Laura Angelucci

“New York non dorme mai. Ma, vi assicuro, pure Roma non scherza! Neppure un immobiliarista riuscirebbe a definire silenziosa e tranquilla questa zona”

Così si apre Breve e modesta guida per trovare il tetto nel quadrante est di Roma, la graphic novel realizzata dalla fumettista Laura Angelucci. La storia si dipana tra le pagine seguendo due piani narrativi differenti ma intrecciati: da una parte gli anni Cinquanta, con le vicende riprese dal classico del cinema “Il tetto” di Vittorio De Sica, dall’altro il presente, una coppia di trent’anni, il precariato, la voglia di costruire una vita, la ricerca di una casa e di un posto nella città. Questo dialogo tra due epoche viene reso grazie all’uso di tecniche del disegno distinte, così da accompagnarci in un percorso tra passato e presente che si intrecciano nella giovane ricerca di un futuro nelle periferie romane.

Laura Angelucci, classe 1991, ha già portato il suo libro al Bande des femmes, il festival di fumetti e illustrazioni di artiste donne organizzato dalla libreria Tuba al Pigneto e al Crack!, il festival di fumetto organizzato ogni anno al e dal Forte Prenestino a Centocelle. Il 7 marzo 2019 il fumetto torna nel nostro quartiere con una presentazione presso la libreria caffetteria La pecora elettrica, in via delle palme 158 dalle 19:00 in poi!

Potete seguire gli aggiornamenti dell’evento sulla pagina Facebook

Oppure sul sito dell’autrice

Domenica, pioggia e melanzane

Primo giorno di pioggia dopo un tempo talmente indefinito che mi sento emozionata neanche stesse nevicando!
Ottima scusa per una domenica dai ritmi “bukowskiani”, lenta, asociale, nerd.

La solita frenesia di schizzare dal letto per fare cose è del tutto anestetizzata, così resto arrotolata ad involtino nel letto fino a mezzogiorno, quando la bella arietta fresca mi inonda la stanza con un arcobaleno di odori. Il vicinato si è scatenato nella solita gara master chef della domenica. E’ un attimo che lo stomaco prende il sopravvento sulla pigrizia laddove non hanno vinto le necessità fisiologiche, mi srotolo e me ne vado diretta in cucina in cerca di cibo.

Trovo del caffè avanzato che metto a scaldare, pessimo, decisamente, ma è sempre una giornata pigra, va bene così! Mi ricordo di avere pezzetti di dolci vari rimediati alla festa di ieri, inizio a fagocitarne un pezzetto dietro l’altro, prima la crostata, poi torta della nonna, torta di mele, rotolo alla cioccolata. Di nuovo torta della nonna. Al bis arriva il colpo di grazia, in un attimo mi sento come una che si sta alzando dalla tavola il giorno di Natale e nel tentativo di raggiungere la doccia cedo ad una siesta digestiva sul divano. Un pit stop ci sta, così ne approfitto per un giretto di ricognizione tra la home di facebook e quella di instagram, dove è tutta una gara di ironia tra commenti sul tempo e foto di situazioni esilaranti in una città presa sotto scacco da un acquazzone ottobrino.

Diluvia a vento, le gocce di pioggia che mi schizzano addosso mi distraggono dall’impegnativa lettura e con l’allarmismo di un bradipo che esce dal letargo (che poi neppure ci vanno in letargo!) trovo l’ispirazione di alzarmi per salvare casa dall’allagamento. Serve un’altra tazza di caffè, stavolta però devo preparare la moka. Altra sigaretta. Passetti veloci mi raggiungono mentre aspetto che la caffeina faccia il suo dovere, Zip, il mio compagno di vita quadrupede mi sta comunicando che è il momento. Diluvio o meno. Opto per una scelta rapida, tuta sul pigiama, trucco del giorno prima dall’effetto panda, un keeway stropicciato al gusto naftalina, e via.

No, come al solito non è mai buona la prima! Rientro al volo per un rapido punto della situazione gastronomica della casa; apro il frigo, vuoto; nella dispensa, un solitario pacco di pasta. La desolazione. Confido nell’apertura domenicale del mio bangla alimentari del cuore per salvarmi il pranzo.
Mentre passeggio penso a qualcosa di facile, veloce e low-cost che possa appagare stomaco e palato.
Boh! Sotto sto diluvio si dilavano pure le riflessioni.

Trovo aperto, entro ancora con le idee confuse girando su me stessa, nel banco frigo vedo del parmigiano, mi ricordo del solitario pacco di pasta, lo prendo. Mi volto, l’unico ortaggio dall’aria invitante è una melanzana, prendo anche lei. Che altro, ma sì, un chinotto per un po’ di bollicine e un pacchetto di olive verdi per azzittire il languorino.
Momento socialità della giornata esaudito, si torna a casa. Mi sparo una motivante playlist rock e inizio a sbucciare la melanzana. Poi ne faccio tanti piccoli pezzettini. Prendo una padella, ci butto dentro dell’olio evo e un paio di spicchi d’aglio, lascio a soffriggere un po’ giusto il tempo di dorarsi e aggiungo la melanzana. Nel contempo metto sul fuoco la pila dell’acqua per la pasta.
Dopo una decina di minuti spesi a rimpizzarmi di olive, inizio a improvvisare l’aggiunta dei primi ingredienti, una manciata di pan grattato e un pizzico di sale, lasciando il tutto a cuocere a fuoco medio basso girando di tanto in tanto.

Squilla il telefono, il pranzo diventa per due. L’acqua bolle, raddoppia la dose di pasta, il condimento è abbondante, 260 gr basteranno? Ne aggiungo un altro pugno.
Torno alle melanzane, sono quasi pronte, abbasso la fiamma, le lascio a fuoco lento fino alla cottura dei rigatoni; è il momento del peperoncino, ne metto un po’ intero e un po’ in polvere, sulla mensola delle spezie trovo della salsa di soia e del carry, ne aggiungo un cucchiaino di ciascuno. Giro e spadello a fuoco alto, nel mentre scolo la pasta più che al dente (fame fame fame!) e unisco nella padella. Ancora un minuto per far amalgamare il tutto con mezzo bicchierino di acqua di cottura e oplà, pronta per l’impiattamento!
Ultima aggiunta una bella spolverata di parmigiano e buon appetito!
E pure questo giro me la sono cavata.

 

INGREDIENTI:

  • 260 gr di pasta
  • 1 melanzana grande
  • 1 cucchiaino di salsa di soia
  • 1 cucchiaino di curry
  • 1 cucchiaio di pan grattato
  • 2 spicchi di aglio
  • 1 pizzico di sale
  • olio evo q.b.
  • parmigiano q.b.
  • peperoncino q.b.

Via delle Abelie

L’odonomastica del quartiere di Centocelle è per lo più a tema botanico. Passeggiando vi sarete infatti resi conto che quasi tutte le strade e piazze portano il nome di un fiore, di un albero, o di un personaggio storico studioso di piante.
Andando per ordine alfabetico, la prima via del quartiere è “Via delle Abelie” relativa al genere Abelia che caso vuole è anche il primo in ordine alfabetico nei testi di giardinaggio.

La scelta di iniziare proprio da qui ricade anche sulla considerazione sia che il mese di ottobre è quello ideale per la messa a dimora di piantine di Abelia e sia per il fatto di essere tra le poche specie della quale anche in autunno inoltrato è possibile osservarne la fioritura.
Originario della Cina con un areale che comprende la zona himalayana, il Giappone e il Messico, questo genere arriva in Italia intorno alla metà dell’ottocento grazie al suo scopritore al quale deve il nome, Clarke Abel. Appartiene alla famiglia delle Caprifoliaceae e comprende una ventina di specie a portamento arbustivo raggiungendo un altezza in media di circa un metro fino anche a due in alcune specie. Le foglie sono molto piccole di forma ovale con margine dentellato, i fiorellini sono campanulati o a forma tubolare tipo trombetta di colore bianco rosato. Il frutto è un achenio legnoso.

Abelia Uniflora (fonte: botanicalillustrations.org)

La specie più comune nel nostro territorio è l’ibrido Abelia grandiflora, il suo successo come poi quello di tutto il genere, è dovuto al fatto di essere piante piuttosto rustiche senza esigenze particolari adatte alla maggior parte degli ambienti e terreni. Resistenti anche alle basse temperature, prediligono la luce diretta tollerando bene anche la mezz’ombra. L’irrigazione è importante che sia costante negli esemplari giovani, meno in quelli adulti che sopravvivono senza grandi sofferenze anche periodi di siccità più o meno prolungati. Anzi, essendo specie soggette marciume radicale è anche meglio non abbondare con l’acqua, evitando così pericolosi ristagni idrici. Non necessitano di cure particolari in termini di potature, la concimatura invece va eseguita saltuariamente solo nel periodo vegetativo.
Sempre per il fatto di essere piante molto rustiche non vengono attaccate di frequente da parassiti o da malattie, più comunemente invece possono essere colpite dagli afidi.

Abelia Grandiflora (Wikimedia Commons)

E’ per tali caratteristiche di estrema duttilità e resistenza che le specie di Abelia hanno una grande diffusione e sono le più utilizzate come essenze dai giardinieri, soprattutto in ambito urbano, rappresentando per loro una garanzia di riuscita. Quindi sono di certo tra le piante più consigliate anche per i pollici verdi principianti.
E’ un valore aggiunto anche il fatto di essere piante sempreverdi, in autunno infatti perdono pochissime foglie assumendo colorazioni calde di colore bruno rossastro che le rendono decorative per quasi tutto l’anno.

Salva

100Ciak: gli anni Cinquanta

Inauguriamo la rubrica dedicata ai film ambientati a Centocelle con due chicche di fine anni ‘50:

Il primo è “La finestra sul Luna Park” una pellicola del 1957 diretta da Luigi Comencini. La trama è semplice: un operaio dopo aver lavorato per alcuni anni in Kenia torna a Roma e trova la moglie morta e il figlio Mario che non lo riconosce più. Non è facile ristabilire un rapporto con il bambino, tanto che l’uomo vorrebbe affidarlo ad un orfanotrofio per poter ripartire. A complicare la situazione durante l’assenza del papà, un corteggiatore della madre, il rigattiere Richetto, si era sostituito alla figura paterna. Alla fine però anche grazie all’intervento di Richetto i due riescono a recuperare, o meglio a costruire un’intesa.
Rondolino lo definisce «Un film intimista, il rapporto d’amicizia tra un uomo e un bambino colto nelle sue pieghe psicologiche e umane, tratteggiato con fine sensibilità e tocchi delicati.”

Di Certo è un film minore nella storia del dopoguerra, che costituisce però una tappa importante nella carriera del suo autore in direzione di una più attenta e precisa indagine della realtà, come si vedrà in certe scene di “Tutti a casa” e “La ragazza di Bube”.
Luigi Comencini ha diretto nella sua carriera i maggiori attori italiani, come Alberto Sordi, Vittorio De Sica e Gina Lollobrigida in Pane Amore e Fantasia, film con il quale ha lanciato la commedia all’italiana di cui è stato uno dei massimi esponenti insieme a Mario Monicelli e Dino Risi.
Nelle scene ambientate a Centocelle si vede una quasi commovente piazza dei Gerani con le luci e le giostre della festa, e parte di via dei Castani. Per chi vive qui è impossibile non riconoscere i palazzi che circondano la piazza ma il tempo trascorso e il relativo cambiamento degli spazi è evidente.

il secondo film è “La banda degli onesti” girato nel 1956 e diretto da Camillo Mastrocinque, con protagonisti Totò, Peppino De Filippo e Giacomo Furia.
Scritta e sceneggiata da Age & Scarpelli la pellicola consacrò il sodalizio artistico di Totò e Peppino ed è considerato uno dei film migliori della coppia.
La trama: venuto casualmente in possesso di una matrice di stampa per denaro, il portiere Antonio Bonocore (Totò), si mette a fabbricare banconote false con due complici. Suo figlio, finanziere, è sulle tracce di una banda di falsari e l’uomo, per non comprometterlo, decide di costituirsi. Scopre però che l’unico biglietto speso è quello autentico, servito come modello per gli altri. Salvatosi dalla galera decide di bruciare la matrice e le banconote prodotte, per sbaglio tra le fiamme finirà anche una borsa di soldi veri: il suo stipendio.
La critica non ne fu propriamente entusiasta, ma il grande successo tra il pubblico lo consacrò tra i grandi classici della filmografia di Totò.
Così ne parlò Il Messaggero: “Nel panorama non troppo consolante dei nostri film comici, questa pellicola merita una menzione onorevole. Spigliata, briosa, dotata di un dialogo vivace e di qualche genuina trovata, la storia corre diritta all’onesto scopo di suscitare risate” (13/4/1956).

La scena che ci interessa è ambientata in uno dei parchi più famosi di Centocelle: Villa Gordiani, facilmente riconoscibile dai resti del famoso ninfeo sullo sfondo, protagonisti sono due giovani, il figlio di Totò e la sua fidanzata che passeggiano nel parco. In questo caso il cambiamento è meno evidente, ma vedere sul grande schermo uno dei luoghi simbolo di Centocelle è sempre emozionante!

Letture da non perdere: “Città di parole. Storia orale da una periferia romana”

Città di parole. Storia orale da una periferia romana, a cura di Alessandro Portelli, Bruno Bonomo, Alice Sotgia e Ulrike Viccaro, Donzelli, Roma 2007.

I nostri consigli per lettori e lettrici non possono che iniziare con Città di parole. Storia orale da una periferia romana, (Donzelli, 2007), curato da Alessandro Portelli, Bruno Bonomo, Alice Sotgia e Ulrike Viccaro.
Il libro costituisce un racconto di Centocelle attraverso le parole di chi, in vari modi, l’ha vissuta ed è il risultato di una ricerca sul campo coordinata da Alessandro Portelli per il Circolo Gianni Bosio di Roma. Portelli – considerato il fondatore della storia orale e già da molti anni impegnato a raccogliere testimonianze sulle periferie romane – e i suoi collaboratori hanno raccolto oltre 120 interviste dal 2003 al 2005, facendo delle fonti orali il materiale principale sul quale ricostruire la storia del quartiere dagli anni Venti ai giorni nostri. E così nel libro si intrecciano le storie e i racconti di chi è nato e vissuto a Centocelle, di chi l’ha scelto come quartiere adottivo, di chi vi ha trascorso solo un periodo della propria vita. Nelle strade del quartiere e nelle parole di chi narra si intrecciano anche gli avvenimenti storici: il libro, infatti, inizia con i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, quando gli abitanti si rifugiavano nei tanti sotterranei del quartiere, ma racconta anche della Resistenza, che a Centocelle ha avuto una base molto attiva, delle migrazioni, delle lotte del ’68, fino ad arrivare alle trasformazioni che ha vissuto negli ultimi trent’anni.
Città di parole regala un viaggio nel quartiere attraverso i decenni e attraverso le molte identità che l’hanno caratterizzato, attraverso le parole, vere e vive, di chi l’ha vissuto.

Nameless di Grant Morrison e Chris Burnham

Il nostro amico nerd, Andrea Giancaterina, ci ha consigliato questa graphic novel, ecco le sue testuali parole a riguardo!
 “Nameless è una questione complessa.
Un volume unico edito da Saldapress che raccoglie la mini in 6 numeri della Image Comics.
Una questione complessa come tutte le opere dello scrittore inglese Grant Morrison quando decide di scrivere qualcosa di più di un semplice racconto di intrattenimento e va a sfiorare immagini, simboli  e significati che  divengono talmente stratificati da farci allontanare totalmente dallo spunto di base per ritrovarci in un viaggio senza inizio e fine e senza qualsiasi appiglio narrativo classico.
La struttura svanisce e quello che originariamente poteva sembrare un horror fantascientifico ambientato nello spazio diviene un viaggio metafisico, evocativo, che abbraccia temi esistenziali ed immanenti come il 2001 di Kubrick, in una compressione di idee e di sperimentalismo formale.
L’intrattenimento dei Disaster Movie, dicevamo, è appena accennato, alcuni stilemi del genere sfiorati fanno da innesco e pretesto, poi si parte senza fare ritorno verso un abisso Lovecraftiano e nichilista dove tutto è simbolo, evocazione, rito; dove un senso sempre più incessante di cupa incombenza prevarrà sul lettore, un senso di perduta desolazione e deriva cosmica come quella che  sperimenta il protagonista.
Cosa preserva una tale opera dall’essere “onanismo mentale autoreferenziale?” o meglio: “perchè dovrei leggerlo”?
Perché Morrison tocca le corde giuste facendolo con consapevolezza e dando sempre l’impressione di conoscere bene quello di cui sta raccontando.
Le prosa utilizza figure archetipiche, gli  Incubi primordiali  aprono  fobie che realmente albergano negli strati della mente umana e  colgono il bersaglio innescando in chi legge un abisso di ipotesi, congetture e riflessioni, spostando così il focus principale dal livello narrativo di base a quello simbolico: ci si scopre ad interrogarsi sul significato dell’esistenza e di Dio.
Vi ritroverete a sfogliare, come spesso capita nelle opere di Morrison, le pagine già lette alla ricerca di dettagli, di passaggi sottovalutati, indizi. Significa che quello che state leggendo funziona e la vostra mente è stata messa in moto.
I disegni di Chris Burnham sono perfettamente a servizio delle atmosfere e dell’idea: la sequenza delle tavole e delle vignette viene deformata e assoggettata, spezzata e ricomposta, rimanendo comunque chiara ed intellegibile.
L’autore  marca attraverso soluzioni grafiche l’idea del tempo che passa e lo sprofondare e riemergere dall’abisso e dai meandri del sogno, con minuzia di dettagli e particolari; particolari che dicono più delle parole invitandoci a riguardare e ispezionare ogni pagina come a dirci che il fumetto è tale quando parola e immagine si amplificano a vicenda, si intrecciano, si sfidano e si contraddicono sussurrandoci : “ragiona, guarda meglio, gratta la superficie”.
Leggiamo Nameless con la consapevolezza che Morrison ne sappia tanto più di noi e che forse abbia spalancato qualche segreto proibito o incubo universale e che ora sia qui per iniziarci alla verità inconfessabile dietro la condizione umana.”

Idee di stagione: risotto con taccole, verdure e sfogliatine di formaggio

La primavera è arrivata, le giornate si allungano, le temperature salgono e soprattutto, parlando di gola e di cucina, il mercato ortofrutticolo comincia a rinnovarsi con le varie bontà che questa stagione porta con sé. È vero che il periodo di permanenza di alcuni prodotti sul mercato si è notevolmente allungato, ma conosciamo tutti l’importanza, sia da un punto di visto ecologico che nutrizionale, di consumare frutta o verdura di stagione, così la ricetta di oggi prevede l’utilizzo di un ingrediente che proprio in questi giorni sta arrivando sul mercato: le taccole.

Quest’ultime sono una varietà di piselli non molto conosciuta che si mangia con tutto il baccello e che è molto apprezzata per il sapore dolce e delicato e le proprietà benefiche per l’intestino.
Di seguito la ricetta (vegetariana) per realizzare un ottimo risotto di verdure, formaggio croccante e taccole!

Ingredienti per 8 persone:

400gr di taccole

400gr di zucchine

1 peperone rosso

1 peperone giallo

300gr di scalogni

100ml di olio di oliva

800gr di riso a chicchi tondi

2,5 l di brodo vegetale

200gr di grana grattugiato

50gr di Emmenthal grattugiato

2 mazzi di maggiorana

sale

pepe

Mondare le taccole, spuntarle, lavarle e asciugarle; lo stesso per le zucchine che andranno poi tagliate a rondelle. Tagliare a metà i peperoni e svuotarli dei semi e delle membrane bianche, lavarli e tagliarli a cubetti. Pelare gli scalogni e tritarli finemente.

Mettere a scaldare l’olio in una casseruola da forno e rosolare un poco alla volta le verdure e il riso per circa 10 minuti.

Terminata questa fase, aggiungere del brodo nella casseruola, coprirla e infornarla a 180 gradi per 30-40 minuti, aggiungendo di tanto in tanto un po’ di brodo e mescolando spesso.

Quando il risotto sarà cotto al dente, togliere dal forno e salare e pepare q.b.

Nel frattempo in una ciotola mescolare il grana e l’emmenthal e successivamente versare parte della miscela di formaggi in una padella antiaderente spennellata d’olio, lasciandola fondere a fuoco lento.

Lasciar dorare il formaggio da entrambi i lati, poi farlo scivolare su un piatto coperto di carta da forno e fare raffreddare. Ripetere l’operazione fino ad esaurimento del formaggio.

Lavare e asciugare la maggiorana, mettere da parte qualche ramo per la guarnizione, tritare finemente il resto delle foglie e incorporarle al risotto.

Spezzettare le sfogliatine di formaggio e infilarne un pezzo su ogni porzione di risotto, alla fine guarnire con un rametto di maggiorana.

Salva

Salva

Salva

Pasqua: uova al tegamino con patate e erba cipollina

Chi l’ha detto che a Pasqua le uova sono solo di cioccolata!?! o sode a colazione così come prevede la tradizione?!? Pensando ad un secondo piatto che sia di alternativa al solito agnello, un po’ per etica un po’ per voglia di cambiare, ma che sia comunque in tema con le tradizioni di questa festività, mi è nata l’idea di portare in tavola nel menù della domenica di pasqua delle uova!

Ovviamente essendo un pranzo ufficiale, e quindi non soggetto al conto calorie, ho cercato una ricetta più originale delle classiche preparazioni, che prevede la cottura delle uova al tegamino, ma con l’aggiunta di diversi ingredienti ottenendo un vero e proprio sfornato di uova, patate e erba cipollina.

In più, il che non guasta di questi tempi, è un piatto abbastanza economico per le tasche e piuttosto semplice nella realizzazione, senza rinunciare alla prelibatezza, il che lo rende più che adatto a questa speciale occasione.

Ingredienti per 6 persone:

2,5kg di patate novelle

500gr di pancetta affumicata

500ml di panna da montare

200gr di Emmenthal grattugiato

12 uova medie

5 cipolle bionde

2 cucchiai di erba cipollina

burro

sale e pepe macinato

Lavare e lessare le patate per 20-25 minuti, dopodichè scolarle e spellarle mentre sono ancora calde.

Tagliarle a rondelle, quindi salarle e peparle q.b.

Prendere la pancetta e tagliarla a cubetti, mettere a scaldare una padella antiaderente sul fuoco e rosolarvi la pancetta senza condire. Pelare nel frattempo le cipolle, tagliarle sempre a cubetti piccoli e unirle alla pancetta lasciandola appassire.

Ungere due grosse pirofile da forno con il burro e cominciare a riempirle con degli strati alternati di patate e di pancetta e cipolle.

Montare la panna, incorporandoci delicatamente l’Emmanthal grattugiato; una volta pronta, versare la crema sulle patate.

In ognuna delle due pirofile rompere 6 uova e infornare a 160 gradi per circa 45 minuti.

Sfornare le teglie, e servire ben caldo cospargendo prima il tutto con l’erba cipollina.

Salva

Salva

Una salsa per ogni occasione

Avere sottomano un buon repertorio di salse è uno dei segreti di una cucina svelta, che, però, voglia essere buona e non noiosa.

Se non avete troppo tempo da dedicare ai fornelli e tendete un po’ a fare sempre le stesse cose, ricordatevi che con una salsa le potete trasformare in qualcosa di veramente nuovo o potete rendere interessante anche il cibo più semplice.

Naturalmente addio sveltezza se fosse poi la salsa a richiedere tempo e cure; ma questo raramente è necessario, anzi in genere non occorre nemmeno una grande abilità.

Quelle di seguito sono due ricette piuttosto semplici di due salse, una calda ed una fredda, che trovano differenti impieghi in cucina.

Salsa suprema

Ingredienti per 4 persone:

25gr di burro

30gr di farina

2 dl di brodo

70gr di panna liquida

sale q.b.

Da utilizzare per accompagnare carni bianche o pollo bolliti, uova in camicia o bazzotte calde; nel caso in cui si utilizzi con carni o pollo, usare il brodo della vivanda in preparazione.

Nella casseruola fondere su fiamma dolce il burro, senza farlo sfrigolare o imbiondire.

Unire la farina e, mescolando in continuazione, cuocerla per un paio di minuti, sempre su fiamma dolce.

Su fiamma ora un po’ più sostenuta, mescolando senza interruzione e con energia, unire, poco per volta, brodo quanto occorre per ottenere una salsa piuttosto consistente.

Ridurre la fiamma al minimo e cuocere ancora, mescolando spesso, per una decina di minuti.

In un’altra casseruola scaldare a parte la panna, facendo attenzione a non farla bollire.

Sempre continuando a mescolare, incorporarla nella salsa già preparata; assaggiare per aggiustare di sale, se occorre, e lasciare su fiamma dolce per altri 2-3 minuti.

Salsa verde al basilico

Ingredienti per 4 persone

1 ciuffo di prezzemolo (tritato 2 cucchiai)

4-5 cucchiai di olio extravergine di oliva

1 cucchiaio di aceto (sceglierne uno piuttosto delicato)

1 cucchiaio e ½ di pinoli

2 filetti di acciuga sott’olio

sale q.b

Da poter utilizzare su uova sode, in camicia o bazzotte fredde; per pesci bolliti o grigliati, caldi o freddi.

Sfogliare, lavare e sgocciolare bene il prezzemolo; riunire tutti gli ingredienti in un recipiente e frullare finchè quelli solidi saranno finemente tritati e il composto risulterà omogeneo.

n.b. Anche se per ogni salsa ci sono indicazioni sui possibili impieghi non è da escludere che qualcun altro non si possa inventare; come sempre in cucina bisogna sperimentare!

Ricette vegetariane: lasagna alle verdure

Sempre più spesso mi capita di incontrate o condividere la tavola con persone che seguono una dieta vegetariana e, devo ammettere, che le prime volte mi sono trovata un po’ impreparata nell’improvvisare qualcosa che non fosse banale. Così, poiché mi piace che tutti i miei ospiti siano più che deliziati dalle mie portate, da un po’ mi sono messa alla ricerca di ricette vegetariane, imparando diversissimi modi per poter servire le verdure in modo appetitoso senza rinunciare al gusto. Sia che si tratti di un antipasto, di un primo, di un secondo, o di un contorno, esistono le più diverse preparazioni a base di verdure, per realizzare prelibati pranzi o cene totalmente vegetariani; oggi vi indicherò una delle ricette che ho personalmente sperimentato per cucinare una saporita lasagna di verdure.

Ingredienti per 8 persone:

200gr di Emmenthal grattugiato

500gr di lasagne istantanee

4 cipolle

750gr di porri

500gr di carote

500gr di sedano

460gr di mais in scatola

500ml di panna da montare

300gr di panna acida o yogurt naturale

375gr di latte

6 uova

50gr di farina bianca 0

1 mazzo di prezzemolo

8 cucchiai di olio vegetale

sale

pepe macinato

paprica dolce in polvere

Pelare le cipolle e tagliarle a dadini; mondare i porri, tagliarli verticalmente a metà, lavarli accuratamente, scolarli e tagliarli a listarelle.

Fare lo stesso per le carote e il sedano, mondarli, pelarli, lavarli, asciugarli bene e infine tagliarli a cubetti.

In una casseruola sufficientemente grande mettere a scaldare l’olio e farci appassire la cipolla; unire quindi un po’ alla volta i porri, le carote e il sedano, e rosolarli mescolando.

Scolare il mais ed unirlo alle altre verdure nella casseruola. Condire il tutto con sale, pepe e paprica.

In una ciotola a parte mescolare, con l’aiuto di una frusta elettrica, la panna, la panna acida e il latte, aggiungendo poi gradualmente e continuando a mescolare, le uova e la farina. Proseguire fino a che l’impasto risulterà abbastanza denso ed omogeneo, quindi salare e pepare q.b.

Prendere il prezzemolo, lavarlo, asciugarlo e tritarne finemente solo le foglie; aggiungere alla salsa nella ciotola.

A questo punto prendere una pirofila da forno, imburrarla, e cominciare a stendere i vari strati, alternandone uno di lasagne, uno di verdure, uno di formaggio e uno della salsa che avete preparato precedentemente, terminando con un abbondante spolverata di Emmenthal grattugiato.

Infornare le lasagne per 180 gradi per 50 minuti; attendere 15 minuti che si rapprendano prima di tagliare e servire in tavola.