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Trovare un posto (e un tetto) nella Roma del precariato: la graphic novel di Laura Angelucci

“New York non dorme mai. Ma, vi assicuro, pure Roma non scherza! Neppure un immobiliarista riuscirebbe a definire silenziosa e tranquilla questa zona”

Così si apre Breve e modesta guida per trovare il tetto nel quadrante est di Roma, la graphic novel realizzata dalla fumettista Laura Angelucci. La storia si dipana tra le pagine seguendo due piani narrativi differenti ma intrecciati: da una parte gli anni Cinquanta, con le vicende riprese dal classico del cinema “Il tetto” di Vittorio De Sica, dall’altro il presente, una coppia di trent’anni, il precariato, la voglia di costruire una vita, la ricerca di una casa e di un posto nella città. Questo dialogo tra due epoche viene reso grazie all’uso di tecniche del disegno distinte, così da accompagnarci in un percorso tra passato e presente che si intrecciano nella giovane ricerca di un futuro nelle periferie romane.

Laura Angelucci, classe 1991, ha già portato il suo libro al Bande des femmes, il festival di fumetti e illustrazioni di artiste donne organizzato dalla libreria Tuba al Pigneto e al Crack!, il festival di fumetto organizzato ogni anno al e dal Forte Prenestino a Centocelle. Il 7 marzo 2019 il fumetto torna nel nostro quartiere con una presentazione presso la libreria caffetteria La pecora elettrica, in via delle palme 158 dalle 19:00 in poi!

Potete seguire gli aggiornamenti dell’evento sulla pagina Facebook

Oppure sul sito dell’autrice

100Ciak: gli anni Cinquanta

Inauguriamo la rubrica dedicata ai film ambientati a Centocelle con due chicche di fine anni ‘50:

Il primo è “La finestra sul Luna Park” una pellicola del 1957 diretta da Luigi Comencini. La trama è semplice: un operaio dopo aver lavorato per alcuni anni in Kenia torna a Roma e trova la moglie morta e il figlio Mario che non lo riconosce più. Non è facile ristabilire un rapporto con il bambino, tanto che l’uomo vorrebbe affidarlo ad un orfanotrofio per poter ripartire. A complicare la situazione durante l’assenza del papà, un corteggiatore della madre, il rigattiere Richetto, si era sostituito alla figura paterna. Alla fine però anche grazie all’intervento di Richetto i due riescono a recuperare, o meglio a costruire un’intesa.
Rondolino lo definisce «Un film intimista, il rapporto d’amicizia tra un uomo e un bambino colto nelle sue pieghe psicologiche e umane, tratteggiato con fine sensibilità e tocchi delicati.”

Di Certo è un film minore nella storia del dopoguerra, che costituisce però una tappa importante nella carriera del suo autore in direzione di una più attenta e precisa indagine della realtà, come si vedrà in certe scene di “Tutti a casa” e “La ragazza di Bube”.
Luigi Comencini ha diretto nella sua carriera i maggiori attori italiani, come Alberto Sordi, Vittorio De Sica e Gina Lollobrigida in Pane Amore e Fantasia, film con il quale ha lanciato la commedia all’italiana di cui è stato uno dei massimi esponenti insieme a Mario Monicelli e Dino Risi.
Nelle scene ambientate a Centocelle si vede una quasi commovente piazza dei Gerani con le luci e le giostre della festa, e parte di via dei Castani. Per chi vive qui è impossibile non riconoscere i palazzi che circondano la piazza ma il tempo trascorso e il relativo cambiamento degli spazi è evidente.

il secondo film è “La banda degli onesti” girato nel 1956 e diretto da Camillo Mastrocinque, con protagonisti Totò, Peppino De Filippo e Giacomo Furia.
Scritta e sceneggiata da Age & Scarpelli la pellicola consacrò il sodalizio artistico di Totò e Peppino ed è considerato uno dei film migliori della coppia.
La trama: venuto casualmente in possesso di una matrice di stampa per denaro, il portiere Antonio Bonocore (Totò), si mette a fabbricare banconote false con due complici. Suo figlio, finanziere, è sulle tracce di una banda di falsari e l’uomo, per non comprometterlo, decide di costituirsi. Scopre però che l’unico biglietto speso è quello autentico, servito come modello per gli altri. Salvatosi dalla galera decide di bruciare la matrice e le banconote prodotte, per sbaglio tra le fiamme finirà anche una borsa di soldi veri: il suo stipendio.
La critica non ne fu propriamente entusiasta, ma il grande successo tra il pubblico lo consacrò tra i grandi classici della filmografia di Totò.
Così ne parlò Il Messaggero: “Nel panorama non troppo consolante dei nostri film comici, questa pellicola merita una menzione onorevole. Spigliata, briosa, dotata di un dialogo vivace e di qualche genuina trovata, la storia corre diritta all’onesto scopo di suscitare risate” (13/4/1956).

La scena che ci interessa è ambientata in uno dei parchi più famosi di Centocelle: Villa Gordiani, facilmente riconoscibile dai resti del famoso ninfeo sullo sfondo, protagonisti sono due giovani, il figlio di Totò e la sua fidanzata che passeggiano nel parco. In questo caso il cambiamento è meno evidente, ma vedere sul grande schermo uno dei luoghi simbolo di Centocelle è sempre emozionante!

Letture da non perdere: “Città di parole. Storia orale da una periferia romana”

Città di parole. Storia orale da una periferia romana, a cura di Alessandro Portelli, Bruno Bonomo, Alice Sotgia e Ulrike Viccaro, Donzelli, Roma 2007.

I nostri consigli per lettori e lettrici non possono che iniziare con Città di parole. Storia orale da una periferia romana, (Donzelli, 2007), curato da Alessandro Portelli, Bruno Bonomo, Alice Sotgia e Ulrike Viccaro.
Il libro costituisce un racconto di Centocelle attraverso le parole di chi, in vari modi, l’ha vissuta ed è il risultato di una ricerca sul campo coordinata da Alessandro Portelli per il Circolo Gianni Bosio di Roma. Portelli – considerato il fondatore della storia orale e già da molti anni impegnato a raccogliere testimonianze sulle periferie romane – e i suoi collaboratori hanno raccolto oltre 120 interviste dal 2003 al 2005, facendo delle fonti orali il materiale principale sul quale ricostruire la storia del quartiere dagli anni Venti ai giorni nostri. E così nel libro si intrecciano le storie e i racconti di chi è nato e vissuto a Centocelle, di chi l’ha scelto come quartiere adottivo, di chi vi ha trascorso solo un periodo della propria vita. Nelle strade del quartiere e nelle parole di chi narra si intrecciano anche gli avvenimenti storici: il libro, infatti, inizia con i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, quando gli abitanti si rifugiavano nei tanti sotterranei del quartiere, ma racconta anche della Resistenza, che a Centocelle ha avuto una base molto attiva, delle migrazioni, delle lotte del ’68, fino ad arrivare alle trasformazioni che ha vissuto negli ultimi trent’anni.
Città di parole regala un viaggio nel quartiere attraverso i decenni e attraverso le molte identità che l’hanno caratterizzato, attraverso le parole, vere e vive, di chi l’ha vissuto.

Nameless di Grant Morrison e Chris Burnham

Il nostro amico nerd, Andrea Giancaterina, ci ha consigliato questa graphic novel, ecco le sue testuali parole a riguardo!
 “Nameless è una questione complessa.
Un volume unico edito da Saldapress che raccoglie la mini in 6 numeri della Image Comics.
Una questione complessa come tutte le opere dello scrittore inglese Grant Morrison quando decide di scrivere qualcosa di più di un semplice racconto di intrattenimento e va a sfiorare immagini, simboli  e significati che  divengono talmente stratificati da farci allontanare totalmente dallo spunto di base per ritrovarci in un viaggio senza inizio e fine e senza qualsiasi appiglio narrativo classico.
La struttura svanisce e quello che originariamente poteva sembrare un horror fantascientifico ambientato nello spazio diviene un viaggio metafisico, evocativo, che abbraccia temi esistenziali ed immanenti come il 2001 di Kubrick, in una compressione di idee e di sperimentalismo formale.
L’intrattenimento dei Disaster Movie, dicevamo, è appena accennato, alcuni stilemi del genere sfiorati fanno da innesco e pretesto, poi si parte senza fare ritorno verso un abisso Lovecraftiano e nichilista dove tutto è simbolo, evocazione, rito; dove un senso sempre più incessante di cupa incombenza prevarrà sul lettore, un senso di perduta desolazione e deriva cosmica come quella che  sperimenta il protagonista.
Cosa preserva una tale opera dall’essere “onanismo mentale autoreferenziale?” o meglio: “perchè dovrei leggerlo”?
Perché Morrison tocca le corde giuste facendolo con consapevolezza e dando sempre l’impressione di conoscere bene quello di cui sta raccontando.
Le prosa utilizza figure archetipiche, gli  Incubi primordiali  aprono  fobie che realmente albergano negli strati della mente umana e  colgono il bersaglio innescando in chi legge un abisso di ipotesi, congetture e riflessioni, spostando così il focus principale dal livello narrativo di base a quello simbolico: ci si scopre ad interrogarsi sul significato dell’esistenza e di Dio.
Vi ritroverete a sfogliare, come spesso capita nelle opere di Morrison, le pagine già lette alla ricerca di dettagli, di passaggi sottovalutati, indizi. Significa che quello che state leggendo funziona e la vostra mente è stata messa in moto.
I disegni di Chris Burnham sono perfettamente a servizio delle atmosfere e dell’idea: la sequenza delle tavole e delle vignette viene deformata e assoggettata, spezzata e ricomposta, rimanendo comunque chiara ed intellegibile.
L’autore  marca attraverso soluzioni grafiche l’idea del tempo che passa e lo sprofondare e riemergere dall’abisso e dai meandri del sogno, con minuzia di dettagli e particolari; particolari che dicono più delle parole invitandoci a riguardare e ispezionare ogni pagina come a dirci che il fumetto è tale quando parola e immagine si amplificano a vicenda, si intrecciano, si sfidano e si contraddicono sussurrandoci : “ragiona, guarda meglio, gratta la superficie”.
Leggiamo Nameless con la consapevolezza che Morrison ne sappia tanto più di noi e che forse abbia spalancato qualche segreto proibito o incubo universale e che ora sia qui per iniziarci alla verità inconfessabile dietro la condizione umana.”